Nasce il secondo libro

"...la vita é una sola, é l'unica cosa vera, importante da prendere sul serio, e non da viverla perché bisogna viverla. La vita é un impegno verso sé stessi e verso gli altri e non bisogna aspettarsi una ricompensa nell'aldilà perché la vita é bella.. perciò vi dico, viva la vita e viva il tempo che scorre, viva, viva, viva. Stringiamoci la mano sotto il ponte dell'arcobaleno e il sorriso del sole. Viva l'arte della vita!".
Veronica (Nicky)
Il successo incontrato dal suo primo libro di poesie, subito ristampato, fa nascere l'intenzione di raccogliere in un secondo libro le poesie che Veronica, gratificata da questo consenso, continua a comporre.

Il 16 gennaio, giorno di compleanno della mamma, le dedica la poesia "Tanti auguri mamma". Due giorni dopo scrive "E'" e "Un tramonto diverso".

Il 24  "Una buona azione" e "Nuovo mattino".

Il 29 dello stesso mese, dopo una lunga giornata di ansie e timori per l'ennesimo controllo a Bologna, da dove é tornata più demoralizzata e triste del solito, scrive:"Nessun perdono", "Arrivederci" e "Ci sarai sempre". Due poesie particolarmente significative per il soggetto a lei tanto caro e di vitale importanza: il sole, per Veronica simbolo di vita ed espressione di bellezza, colore e calore, "...il sole é un essere di fuoco, che dà ogni giorno la forza di vivere", di allegria "...di colpo tornò il sole e l'allegria raggiunse il cuore", di amore e di ammirazione "...quando ti guardo /m'innamoro di te./Perché tu illumini/ la strada di tutti/pure quella dei passerotti". E, come un inconscio e profondo sentire della fine del suo sole, ad esso si rivolge con struggente malinconia: "Amico sole,/mentre ti stavo ammirando/non mi accorgevo/che ti stavi velando di foschia./Me ne andai un momento/e al mio ritorno/tu/ più non c'eri./ E ancora: "...Ho sempre paura/ di non rivederti più/...Non abbandonarmi mai/ ti prego."

Il 30 gennaio "Pensiero che va, pensiero che viene" (tema in classe) dove per la prima volta parla con serenità e semplice accettazione anche della morte:"...peccato che tutto debba avere fine, però é giusto perché sarebbe impossibile ed impensabile esistere in eterno."

Il 5 febbraio 1983, Carnevale, c'é aria di festa in casa Veronica. La circondano i suoi amici di scuola. La tavernetta col camino acceso dà allegria, il tavolo ricoperto da tovaglie variopinte é imbandito a regola d'arte, gli addobbi dai colori vivaci completano l'ambiente. Veronica indossa un bel costume azzurro in calzamaglia e un mantello della stessa tinta, trattenuto da un insieme di nastri coi colori dell'arcobaleno recuperati dal sacco delle copie del suo libro.

Tutti gli amici sono mascherati e, fra gli altri, si nota un ragazzo col viso dipinto metà in bianco e metà in nero, capelli fissati con il gel e gilet di jeans pieno di catene e borchie. E' difficile riconoscerlo, poi sorride: é Fabio Scovenna suo compagno di classe, sereno e comunicativo come sempre; lo stesso che, otto mesi più tardi, avrebbe posto fine alla sua giovane vita e lasciato una lettera in cui chiede di essere sepolto accanto a Veronica.

Il 7 febbraio scrive "Stop" e "Scoperta con amici" e un'altra poesia "Scusami fratello", che le viene da un episodio accadutole quel giorno stesso: era in città a fare compere con  suo padre ed erano stati avvicinati da una zingarella, che avrebbe potuto avere la sua età, e le chiede  l'elemosina. Un incontro che lascia in lei una profonda tristezza.

Seguono: "Ancora amore", "Sempre pace" e "Scambio di stagione".

Il 2 marzo scrive "Vita", una poesia forte, dove Veronica esprime molto bene il significato della sua esistenza  complicato dalla sua terribile malattia.

Infatti,  qualche giorno dopo, Veronica viene ancora una volta ricoverata in ospedale.  I genitori  chiedono di parlare con il primario per sapere qualcosa in più. Il  collocquio avviene nello studio del prof. Paolucci, presenti anche i medici che seguono Veronica.

La comunicazione é agghiacciante: la malattia non le lascerà che pochi mesi di vita, forse settimane, e lo stesso primario si augura che siano solo giorni, perché l'epilogo potrebbe avere conseguenze più avvilenti e degradanti di quelle che, fino a questo momento, Veronica ha dovuto e deve sopportare.

All'uscita dal colloquio, rispondere alle domande di una figlia, che attende trepidante in camera, che ha la testa piena di idee, e continua a progettare il suo futuro, é senza dubbio l'esperienza più atroce e crudele che un essere umano possa provare.

Inizia un'altra fortissima terapia e, dopo tre giorni, Veronica può lasciare l'ospedale, tornare fra i suoi compagni attiva e felice, solo preoccupata di riprendere le lezioni e di recuperare nello studio.